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La storia del cane domestico - Parte prima

Tanto per iniziare, vorrei fare una riflessione. In diversi studi si tende spesso ad accomunare 'domestico' a 'selezione umana'. In realtà, i due termini sono certamente spesso sovrapponibili, ma se per domestico si intende un animale che riesce a convivere e a tollerare la presenza dell'uomo, forse il cane 'domestico' è nato molto tempo prima della selezione artificiale. Abbiamo, infatti, i cani di Goyet, Razboinichia e Predmosti (36.000, 33.000 e 31.000 anni fa) che già convivevano con i nostri antenati (prima i Neanderthal, poi i Cro-magnon).Se, invece, vogliamo parlare di selezione artificiale, allora abbiamo le prime tracce nei cani europei di Pont d'Ambon, Montespan, Kesslerlock, Bonn-Oberkassel di età compresa fra i 15.000 e i 14.000 anni fa e nei successivi vari ritrovamenti sparsi fra Europa, Medio Oriente, America contemporanei o successivi di poche centinaia di anni. Le prime rappresentazioni artistiche di cani 'di razza' risalgono a circa 12.000 anni fa e si trovano nei siti di Tassili n'Ajier in Algeria ed Akakus in Libia: entrambi hanno dei petroglifi in cui sono ritratti dei cacciatori umani che inseguono dei 'levrieri' che a loro volta stanno per catturare una grossa antilope o uno gnu. Ma il primo ritratto di una razza tuttora presente è un sigillo ritrovato in Iraq e datato fra 9000 e 9500 anni fa: in esso, infatti, sono rappresentati 3 levrieri, di cui uno sicuramente è un Saluki, il levriero persiano.

Intorno a 5.000 anni fa gli antichi egizi rappresentano varie razze canine: ancora levrieri, basenji e cani condrodisplasici simili al nostro bassotto. 1.500 anni più tardi gli assiri raffigurano i propri militari grandi conquistatori in compagnia di grossi cani, molto simili agli attuali rottweiler: sono forse i primi molossoidi? Probabilmente no. Questi grossi cani sono i discendenti di altri cani che utilizzarono circa 10.000 anni fa le genti che avevano avviato la domesticazione di capre e pecore, nel territorio noto come 'Mezzaluna fertile', fra il Mediterraneo orientale e i fiumi Tigri ed Eufrate. In questi territori, ancor oggi si conoscono varie razze di cani per la guardia alle greggi, tutti caratteristicamente molto massicci, con pelo medio, molto spesso con un manto chiaro che vengono utilizzati per difendere le greggi dai lupi e dagli altri predatori.

Di sicuro non fu il Mastino tibetano a dare origine ai molossoidi, semmai questo cane è un discendente di quei grossi cani utilizzati in Medio Oriente fin dal Neolitico di cui si parlava poco sopra.

I cani diventano talmente importanti nella storia dell'uomo che gli antichi egizi arrivano a dedicargli un intero cimitero, usato fino al 2°/3° secolo d.C. dove sono stati ritrovati circa 8 milioni di esemplari sepolti.

Diventano così importanti che Omero, il sommo poeta dell'antica Grecia, dedica ad Argo, cane di Ulisse, una serie di sonetti molto commoventi nella sua Odissea:
...Così essi tali parole fra loro dicevano: e un cane, sdraiato là, rizzò muso e orecchie, Argo, il cane del costante Odisseo, che un giornolo nutrì di suo mano (ma non doveva goderne), prima che per Ilio sacra partisse; e in passato lo conducevano i giovani a caccia di capre selvatiche, di cervi, di lepri; ma ora giaceva là, trascurato, partito il padrone,sul molto letame di muli e buoi, che davanti alle porte ammucchiavano, perché poi lo portassero i servi a concimare il grande terreno d’Odisseo; là giaceva il cane Argo, pieno di zecche. E allora, come sentì vicino Odisseo, mosse la coda, abbassò le due orecchie,ma non poté correre incontro al padrone. E il padrone, voltandosi, si terse una lacrima, facilmente sfuggendo a Eumeo; e subito con parole chiedeva: “Eumeo, che meraviglia quel cane là sul letame! Bello di corpo, ma non posso capire se fu anche rapido a correre con questa bellezza, oppure se fu soltanto come i cani da mensa dei principi, per splendidezza i padroni li allevano”. E tu rispondendogli, Eumeo porcaio, dicevi: “Purtroppo è il cane d’un uomo morto lontano. Se per bellezza e vigore fosse rimasto come partendo per Troia lo lasciava Odisseo, t’incanteresti a vederne la snellezza e la forza. Non gli sfuggiva, anche nel cupo di folta boscaglia, qualunque animale vedesse, era bravissimo all’usta. Ora è malconcio, sfinito: il suo padrone è morto lontano dalla patria e le ancelle, infingarde, non se ne curano. Perché i servi, quando i padroni non li governano, non hanno voglia di far le cose a dovere; metà del valore d’un uomo distrugge il tonante Zeus, allorché schiavo giorno lo afferra”. Così detto, entrò nella comoda casa, diritto andò per la sala fra i nobili pretendenti. E Argo la Moira di nera morte afferrò appena rivisto Odisseo, dopo vent’anni...

 

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